mercoledì 29 dicembre 2021

SILENZIO


Quello che mi sorprende è il silenzio


Quando ho sentito la tua voce per la prima volta

Mi sono accorto che tutto intorno taceva

Tutto si stava dissolvendo

Tutto diventava niente.


Il silenzio,

la pace vera, quella dentro e fuori la testa

quella che rinvigorisce l’anima

quella che prova a te stesso che un’anima in realtà ce l’hai.


In questi istanti che compongono la mia vita da adesso in poi

non trovo altro spazio se non per immaginare ciò che sarai

Mentre ancora non credo e mi stupisco di ciò che sei

e allora mi rifugio in quel silenzio.


Io ormai faccio parte di quel silenzio

Le mie idee, le voglie e le ambizioni

Così come ogni cosa che porta con se un pezzo della mia vita

Sono rimaste li, intatte nella memoria


Adesso però sembrano meno vivide

Meno magiche

Meno consistenti

…silenziose.


Amo il silenzio, ma poi ho scoperto che amo la tua voce di più

Questo fa di me il padre più fortunato del mondo

le tue smorfie che tramutano in silenzio l’universo intero

ed io che posso immergermi in questa pace


ed avere con me la tua voce.

martedì 15 dicembre 2020

La bilancia

L’ho vista mentre era seduta al bar, in un tavolino all’aperto. L’aria era cristallina e il suo caffè si era freddato troppo in fretta e non fumava più. Gli altri clienti, seduti a pochi passi da lei, la ignoravano come era giusto che fosse. Qualsiasi cosa di quella donna era perfettamente ordinaria, dalle scarpe alla bustina di zucchero bianco poggiata sul sottobicchiere con sopra il cucchiaino appena succhiato. Perfettamente “dimenticabile”. Io ero lì, e tra uno sguardo al cellulare e un orecchio alle chiacchiere che mi circondavano, aspettavo una telefonata che speravo cancellasse l’appuntamento al quale non avevo alcuna voglia di andare. Non riuscivo a non provare interesse per quello sguardo vuoto, fisso, quasi vitreo. Dall’età avrebbe potuto essere mia madre quando io avevo 16 anni, quindi una mia coetanea; quel pensiero mi turbò decisamente: mia madre alla mia età aveva un figlio di 16 anni e io invece mi sentivo ancora come un figlio di 16 anni. Che cos’è che ci invecchia, gli anni o le esperienze? E a quanta “esperienza” ammonta avere un figlio?! Misi allora tutta la mia vita su di un enorme bilancia, pensando a tutto quello che avevo fatto, vissuto, visto, ai viaggi intrapresi, le sfide professionali, i guai…niente di tutto questo sarebbe potuto succedere se avessi avuto un figlio all’età della mia mamma; eppure lo sguardo di quella donna, lo sguardo di mia madre (che ricordo perfettamente) quando aveva la mia età, sembravano essere più profondi di quanto non fosse il mio ogni mattina davanti allo specchio. Li avrei scambiati? Loro lo scambierebbero con il mio? Quasi stavo per alzarmi per andarglielo a chiedere. Continuai a giocherellare col cellulare, ma sempre con un orecchio teso agli affari degli altri e la coda dell’occhio intenta ad investigare la figura di donna “standard” che era riuscita a farmi sollevare più dubbi sulla mia persona, di quanti non fosse riuscita a fare l’ultima fregatura che avevo preso. Finalmente la telefonata che stavo aspettando arrivò, esattamente tra il secondo caffè del tavolo infondo a destra e la mancia lasciata sul tavolino dei ragazzi accanto a me.

<<Si, ciao caro dimmi tutto…a non riesci?! Cavolo, no no, non fa nulla, si ero già qui ma tanto sarei comunque dovuto passare in città quindi non c’è problema…certo, capisco. Ci vediamo settimana prossima dai così siamo più tranquilli entrambi. Si, ciao ciao>>

“Che culo, avevo zero voglia” pensai, e in quel momento, mentre stavo per godermi l’idea della futura ora di libertà ritrovata, arrivò un ragazzo. Al tavolo della donna dico, arrivò un ragazzetto che avrà avuto forse 18 anni e…cazzo le piantò un bacio con la lingua che neanche mi ricordo più come si fa a darli in quel modo! Hai capito la mammina?! Col cavolo che quella aveva un figlio dell’età mia a 16 anni, o al massimo, se lo aveva, si trombava pure un suo amico e a quel punto, tutto fu immediatamente chiaro. La profondità del suo sguardo, la profondità dello sguardo di una persona, probabilmente ha la sua origine più nell’anima di chi lo osserva, di chi ne percepisce i pensieri, le paure, i fremiti. La profondità che stavo scorgendo in quell’attesa, non era dettata da ciò che la donna trasmetteva realmente (tant’è che nessuno la degnò di uno sguardo), ma da quello che la mia sensibilità era stata in grado di carpire suo malgrado. Per tutti gli altri era solo una qualunque, con un caffè, che stava aspettando “il can che fugge e la pecora che pascola” e probabilmente era proprio così. Ero io ad averle dato quei colori, quelle sfumature che probabilmente i suoi occhi davanti allo specchio non avrebbero mai scorto.

Due euro sul tavolino e il resto mancia. Con le mani in tasca e la soddisfazione di una vita piena che non mi ha tolto l’istinto di un sedicenne, mi alzai e tra me e me pensai: “Vi aspetta una bel pomeriggio... godetevelo!”.





giovedì 31 gennaio 2019

Sempre


Sembra quasi che la vita abbia trovato un senso in questa lunga attesa. Per una volta la parola "sempre" è diventata familiare, auspicabile, gentile, per una volta questa parola non fa paura. C'è stato un momento in cui tutto è scomparso, in cui l'anima è stata alleggerita di ogni qualsivoglia sogno di un futuro con te. Tutto era così maledettamente leggero, vuoto come un pallone che, liberatosi della stretta del bambino, comincia a librarsi nell'aria correndo sempre più consapevolmente verso la sua rovina, sapendo che ogni metro guadagnato verso l'alto non sarà altro che un metro in più ad aspettarlo durante l'inevitabile caduta che verrà.
Adesso non è più cosi.
Quel dolore un po' manca. Provare una stretta così atroce ha un ché di rassicurante: ti dice che non puó andare peggio di così. Non aver più nulla da perdere e potersi godere il dolore in santa pace, coltivando mille speranze mentre ti giri in un letto di spine è una cosa che ha dell' armonioso. Il sangue esce a fiotti, misto a poesia e a tutti i modi in cui l'animo umano riesce a trasformare ogni sentimento in qualcosa di complesso. E' spirito di sopravvivenza: più una cosa si complica, più sará difficile da comprendere e metabolizzare e quindi più tempo il cuore avrà per assorbirla senza che ne venga sopraffatto. Il dolore è creativo, il dolore è sacra ispirazione e culla dove sentirsi al sicuro, mentre l'amore, quello vero, quello che ti riempie di gioia...quello si che è un problema. E' instabile, pericoloso, dannatamente incoerente e maledettamente privo di poesia. Si, l'amore è privo di poesia, perché quell'amore che dalla poesia viene descritto nasce dal dolore, nasce dalle lacrime che lasciano il cuore per trasportarlo su un foglio dove potrà vivere per sempre, dove per sempre verrà accettato e coccolato. Se invece il cuore si nutre di esso, se con esso ingordo si sfama allora non ne lascerá uscire neanche un po', se lo terrà ben stretto, altro che lasciarlo scivolare via su di un foglio. Ne sei geloso perché hai paura di perderlo, giustamente. Hai paura di tutto quando ami. D'un tratto chi non teme la morte diventa pavido, coloro che hanno sempre badato solo a se stessi cominciano a preoccuparsi per qualsiasi cosa possa accadere all'oggetto del loro desiderio e anche la più innocente delle passeggiate sembra celare pericoli enormi.
In questi momenti di incertezza, quando neanche più la penna mi aiuta a trovare sicurezza e tranquillità, in questi momenti la parola "sempre" assume una luce differente. Anni fa, se avessi dovuto descrivere il suono della mia voce al pronunciare questo pugno di lettere, lo avrei paragonato al rumore di una catena, una di quelle pesantissime catene saldate ad un ancora il cui unico scopo è quello di non fare allontanare una nave, non farla viaggiare, non darle la possibilità di rimanere preda della marea...di rimanere fedele alla marea. Ma se avessi dovuto descrivere la parola "amore" cosa avrei scritto? Nulla, o magari tutto, preso preda dell'immaginazione verso qualcosa di mitico e divino che apparteneva alla fantasia più che alla realtà. Adesso so, adesso un filo di paura lega il mio cuore alla mia mano ed io stringo forte perché so che se dovessi lasciare quel filo, la libertà che ha gonfiato quel cuore per anni lo farebbe salire così in alto che non sopravvivrebbe all'inevitabile caduta che ne seguirebbe. Sto riempiendo quel cuore per renderlo meno leggero, per non farlo scappare via, per togliere un po' di amore dalle mie parole e metterlo in quel "palloncino" rosso che ogni tanto fa qualche capriccio, in balia di brezze marine provenienti da chissà quale ricordo di estati passate. Quando hai paura di perdere qualcosa di importante la parola "sempre" torna da te con un sorriso più dolce di quanto ricordassi e al quale difficilmente vorresti rinunciare, ma è pur sempre un sorriso e i sorrisi, si sa, sono fatti di una malizia che pochi riescono a trattenere per se. Io comunque aspetto, butto fuori una boccata di fumo ed assaggio una lacrima che sa di qualche dolore fa. Aspetto che tutto si fermi almeno per qualche istante, il tanto che basta per potermi godere l'attimo e stamparmelo nella mente perché sia SEMPRE fermo li nel caso in cui lo perdessi, come con un mazzo di chiavi. Se accadesse che perda tutto avrò almeno quell'attimo stampato nella memoria, quell'attimo in cui la speranza di un "sempre" qualsiasi mi ha donato un assaggio di eternità che vale la felicità di una vita intera.

mercoledì 16 gennaio 2019

L'ultima stanza

Il ticchettio dell'orologio descrivere anime affrante
il tempo scolpisce pareti e porte di lugubri antri
ed io, tentando di vincere tristezza e dolore
di lancette farò lance
e dei secondi dardi pesanti, difficili da scoccare
impossibili da scordare
atroci da estrarre quando
della vita vengono macchiati
e dalla morte vengono spezzati.
Il tempo scolpisce pareti e porte
intorno a me tutto si stringe
eppure il vuoto ne da frecce ne da lance vien trafitto.
Sono qui, senza conoscere altro che il momento passato
legato dal pensiero dei pensieri che saranno
che sarebbero dovuti essere,
in quell'antro segreto
dove il ticchettio non smette di avanzare
dove la libertà si scioglie
dove il tempo non smette di regnare.

giovedì 4 ottobre 2018

Semplice


Semplice
l'attimo in cui sorrido di un tuo sorriso
difficile da descrivere eppure è li
quell'attimo
immobile nella mente,
pronto a farsi guardare, a farsi assaggiare.

Semplice
mentre cerco di comprendere cosa aspettarmi
da uno sguardo che cerca nei miei pensieri,
scava,
e quando trova la mia verità, me la mostra
come fosse la sua.

Semplice
ad un tratto i fronzoli aggrovigliati dei desideri passati
cedono e cadono dal velcro che veste il presente
e ciò che resta sei solo tu
ed io visto da te.

Semplice anche se non lo è mai stato
e tutto si colora come d'autunno
è semplice eppure così attraente
i pensieri che cadono giù, foglia dopo foglia,
li osservo in pace, quasi stanco
aspetto la tua mano tesa
ignorando se sia li per tirarmi su
o accarezzarmi
lasciandomi a terra, disteso
con gli occhi socchiusi in balia di un benessere
che solo in una tua carezza può essere assaporato
ed è
semplice e complicato.