mercoledì 30 settembre 2015

Un brivido blu scuro

Ci sono volte in cui la nebbia avvolge persino i pensieri... Ci sono volte in cui la nebbia coccola il nostro viaggio... Ci sono volte in cui la nebbia è tutto ciò che abbiamo e magari, dico magari, la mancanza di contorni ci da la possibilità di allontanarci dalle nostre convinzioni per vivere una vita che mai avremmo potuto vivere. Calarsi nei brividi di qualcun'altro ci da modo di vivere di più, di sentire e soffrire, gioire e piangere di emozioni che mai avremmo conosciuto se non in quella nuvola impalpabile. Ci sono volte in cui la nebbia è la nostra strada e, su quella strada, io vi guiderò fino a al brivido che per tutti avrà lo stesso colore: blu scuro... molto scuro.

martedì 29 settembre 2015

Buio

Ad ogni passo sentiva sempre meno il fastidio delle piccole spine, dei pezzetti di legno e dei piccoli sassi che componevano il tappeto della foresta. Difficilmente si toglieva le scarpe per camminare all’aria aperta…avrebbe voluto in realtà essere come una sorta di elfo, che corre a destra e sinistra scalzo, senza farsi mai male, ma per quanto si fosse sempre sentito legato alla natura, c’erano ancora dei frammenti di “cittadinità” che sembravano difficili da scansare, e questo era uno di quelli. Quel giorno però tutto sembrava ovattato, meno doloroso. Era una sensazione che si portava dietro dalla notte, quel dolce affondare in un piumone fatto di stanchezza, mentre dalla finestra aperta entrava il suono della pioggia e la luce del temporale. Quel senso di indefinita tranquillità se lo era ritrovato anche la mattina, come un bicchiere d’acqua lasciato sul comodino la sera prima, e proprio come un bicchiere d’acqua quando ti svegli assetato, fu una gradita sorpresa da trovarsi accanto in quella giornata di agognato riposo. La mancanza di contorni che il giorno sembrava avere gli aveva quasi addormentato i sensi e quindi, il passeggiare a piedi nudi non gli provocava alcun fastidio, sembrava avesse ancora i calzini.

Era arrivato li con la macchina, la cosa in realtà gli piaceva poco, aveva sempre pensato che non si può entrare nel cuore della foresta arrivando li con un mezzo poco poetico e così invadente come un auto…un cavallo magari, una passeggiata a piedi o anche una bicicletta…ma una macchina. Purtroppo si convinse che non sarebbe mai arrivato troppo lontano senza, ma cercò comunque di fare un bel po’ di strada a piedi prima di pensare di rilassarsi e immergersi completamente in quel bosco. L’idea che fosse incontaminato lo eccitava (anche se non riusciva a togliersi dalla mente l’auto lasciata a pochi km da li) e lo riempiva di quella tranquillità energizzante che solo la lontananza dal resto del mondo riusciva a dargli. Quando andava via, riusciva fortunatamente a lasciarsi dietro anche tutti i pensieri connessi a quella vita grigia che gli si era appiccicata addosso, o meglio, non era chiaro se fosse lui a lasciarsi tutto alle spalle, o quelle zavorre ad appartenere così fortemente a quella quotidianità, da essere più legate ad essa che alla sua persona…la cosa lo faceva riflettere: se così fosse, bastava piantare tutto per ricominciare a respirare aria di libertà.


Era fresco, quasi freddo quando i rami non lasciavano passare il tepore del sole, in più la camminata lo aveva accaldato e la temperatura bassa gli sembrava ancora più pungente a causa del suo sudore…gli piaceva. Tra un sentiero accennato, battuto evidentemente da soli animali, e piccole arrampicate per erigersi e vedere con più chiarezza che direzione prendere, arrivò ad uno spiazzo circolare, privo di alberi, con un prato verde tanto brillante che non seppe resistere e…si tolse finalmente le scarpe, ad ogni passo sentiva sempre meno il fastidio delle piccole spine, dei pezzetti di legno e i piccoli sassi che componevano il tappeto della foresta. Quando entrò nel cerchio sentì il sole di nuovo sulla pelle, il calore era dolce ed intenso come il più atteso dei baci. Poi sentì una strana energia crescere e scaldare, ma da dentro stavolta, dall’anima attraverso la mente, dalla mente attraverso il torace, dal cuore attraverso il sangue e via in tutti i muscoli. Il suo corpo era un fremito come prima di un orgasmo, violento e acceso come il più atteso del sesso. Guardandosi attorno si aspettava di immergersi in un silenzio pacifico, invece si trovò nel pieno di un’accesa discussione tra ogni essere della foresta. I suoni erano tanti e dolci e belli. Si mise con le gambe incrociate al centro del cerchio e…si accorse subito che quella non era la sua posizione ”che ci stiano gli orientali a meditare con la schiena dritta e le gambe intrecciate” pensò, e si sdraiò a pancia in su, godendosi l’azzurro intenso e qualche piccole nuvola che passava sopra la stupenda cornice di rami attraverso cui guardava il cielo. Gli pareva di guardare il mondo da un cannocchiale…”adesso si che si ragiona, le mie gambe son fatte per rimanere stese come questi rami” e chiuse gli occhi. In un altro momento avrebbe pensato a tutti gli insetti, o peggio i ragni, che gli sarebbero potuti salir sopra mentre se ne stava sdraiato li in terra, ma quella era una giornata particolare, sentiva di essere stato chiamato li e nulla poteva accadergli. Avevo bisogno di caricare le pile. Vivere in quella prigione gli stava succhiando via la vita e lui non poteva farci nulla, si era creato quella gabbia con le sue mani e purtroppo più si divincolava e più le sbarre si stringevano. Sapeva che alla fine della giornata, tornando a casa, avrebbe trovato esattamente quello che aveva lasciato, ma in realtà poco importava, in realtà quello che gli stava stretto non era la venalità di ciò che aveva attorno, ma il fatto di non sentirsi più libero, il fatto di non riuscire neanche più a definire cosa volesse dire essere libero.

Guardando quelle piante si sentì arrabbiato, quasi furioso…così, di punto in bianco. Non capiva, non comprendeva il perché, per quale motivo loro si e lui no, per quale ragione tutto quello che era li riusciva a vivere nel modo giusto e invece tutto quello che l’uomo toccava dovesse seguire delle regole differenti, dei desideri differenti, delle differenti necessità. Perché?! Di cosa aveva bisogno infondo? Mangiare, bere, dormire, fare l’amore e poi…lavorare per più della metà del suo tempo e per cosa? Vivere in un condominio di cemento e ferro, davanti ad una televisione che ti ingozza di pubblicità e bugie e per cosa? Desiderare una macchina, un telefono, un computer, un frigorifero nuovo e per cosa…ammalarsi di tutto quello che abbiamo costruito, stroncati da un cancro e per cosa? Era disarmante fare parte di quel sistema, un posto dove non riuscire più a ritrovare il proprio istinto animale, quella scintilla che ti da la forza di sopravvivere in condizioni estreme, di trovare il cibo, di riprodursi senza avere in mente falsi schemi e false morali ma solo per istinto, è disarmante far parte di qualcosa che non ti fa sentire libero e non avere la capacità di rompere tutto e tornare finalmente ad essere un animale.

Il cielo era più scuro, e sulle nuvole di passaggio ardeva una luce fiammeggiante che le rendeva perfette, stupende, vive. La rabbia divenne pace passando attraverso un buono strato di rassegnazione. Era ora di tornare, ma non ne aveva alcuna voglia, infondo perché avrebbe DOVUTO. Rimase li, fino a quando il cielo ricominciò a mostrare ciò che era sempre stato li. Prima una, poi un'altra, infine quasi contemporaneamente, le stelle decorarono quel cerchio di cielo che aveva ammirato per tutto il giorno e…un idea. Quelle stelle erano sempre state li. La luce le nascondeva ma loro non avevano mai smesso di brillare ed erano li, le aveva guardate per tutto il giorno senza mai vederle e la notte gliele aveva svelate. Ci mise un po’ in realtà a metabolizzare quel pensiero, infondo è difficile cambiare totalmente prospettiva, specialmente quando si parla della propria vita, e così ci rimuginò sopra fino a quando la luna non gli diede un attimo di tregua, cancellando con la sua luce parte delle stelle che stava contemplando. Forse era giusto così. Forse la sua libertà viveva nella sua consapevolezza. Infondo tutti sono immersi nella realtà di tutti i giorni e, sebbene lui non si sentisse certo uno che faceva parte dei “tutti”, doveva ammettere che erigersi a “unico eletto” era da spacconi perfino per uno come lui. Allora pensò che forse essere liberi volesse dire non diventare un alienato, ma essere un uomo consapevole, conscio di quello che aveva attorno, anche quando la gabbia si fa stretta e le pareti ti nascondono quello che c’è dietro, anche quando c’è troppo luce per vedere le stelle. La sua libertà era sapere che viveva in una gabbia ma che quella gabbia non era tutto ciò che poteva avere.

Si sedette. Guardandosi intorno si accorse che il buio aveva sputato le stelle e inghiottito la foresta e sorrise. Adesso sapeva cosa era importante, sapeva che tornando a casa avrebbe ritrovato i vecchi problemi e le vecchie discussioni, ma sapeva anche che tutto ciò aveva un importanza molto relativa in confronto a riuscire a mangiare, all’andare a letto e poter dormire, al fare l’amore senza alcun ritegno quando voleva. Il buio aveva finalmente nascosto il resto della sua vita e tirato fuori le cose più importanti, bilanciando di nuovo tutte le preoccupazioni e dando ad ogni cosa la giusta priorità e allora, finalmente ebbe nuovamente chiaro cosa volesse dire…essere libero.

La chiave

Ogni libro, ogni poesia, ogni parola scritta e poi letta da un pubblico si trascina dietro una collana fatta da pagine e pagine di critiche. Tutto opera di una figura estranea al mondo dell'autore ma che, più di lui, si sente in diritto e in dovere di apporre le proprie spiegazioni in calce all'opera in questione, una figura che vuol essere una guida, anche se nessuno glielo ha chiesto.

Sarò chiaro, nei brani seguenti non ci sono verità nascoste, o almeno non ce ne sono più di quante voi non ne scoprirete. La verità si srotola dinanzi agli occhi di chi la sa vedere e quindi non coglierete, in quello che c'è scritto, niente di più di ciò che sarete in grado di assimilare, e questa sarà e dovrà essere la pura verità per voi. Nessun ausilio, niente spiegazioni, leggete, assaporate e tutto ciò che rimarrà nel cuore dopo aver letto, sarà tutto ciò che in realtà io ho voluto scrivere per voi, niente di più, niente di meno.


È in un sussurro, in un respiro, la chiave di tutto quello che stiamo cercando è lì. I soldi, la salute, l'amore… in un respiro.

Succede quando ti siedi sul treno e guardi fuori dal finestrino, o magari in ufficio nella pausa caffè… metti a fuoco te stesso e la trovi: LA CHIAVE. Quante volte l'abbiamo cercata, affannati, affogati nel bisogno di avere quel qualcosa in più, per capire, per essere completi… appagati.

Certe volte ti guardi intorno e magari qualche domanda te la fai, tipo: "chissà dove corre quella signora?" "mi avrà notato quella ragazza o il suo sguardo era per qualcun altro?" "in quella macchina ci saranno persone senza problemi?" il tutto in fine, per arrivare a pensare alla ragnatela di vite che gli Dei ci tessono intorno e che prima o poi riusciremo a comprendere, anche senza avere qualcuno che ce la spieghi… la vita.

Fili sottili le vite altrui, schegge taglienti che ci sfrecciano vicino e quando ci toccano lasciano il segno. Tutte lo lasciano. Qualche segno dura di più, qualcuno di meno, ma tutti quanti ci rimangono addosso.

Tra una domanda e un sospiro, un caffè e un viaggio in treno, ogni giorno tendiamo ad inscatolare emozioni per paura di dimenticarle: luci, colori, sorrisi e speranze, tutte cose accartocciate nella tasca del "vestito buono della domenica", un vestito ormai da anni nell'armadio per paura di venir sgualcito. È proprio per questo che la chiave di tutto, la chiave per trovare quel piccolo tassello che perfeziona il quadro generale, si trova in un sospiro.

Un alito di istinto che sfila la prima perla, per mandare poi nel caos tutte le altre. Questo sospiro è un attimo di debolezza che ci rende liberi, in un mondo dove abbassare la guardia vuol dire perire. Un momento di defaillance, che ci salva la vita e libera noi stessi da tutte le maschere indossate giorno dopo giorno. È il buco nella tasca del vestito buono, è il lucchetto forzato della scatola delle emozioni, è uno specchio che ci permette di guardare le vecchie cicatrici nei punti nascosti, sono i ricordi tenuti a bada e le domande irrisolte, è il rendersi conto che la nostra ragnatela non è più spessa di molte altre… rendersi conto… sospirare… trovare la chiave e vivere.

Ecco di cosa parla il mio blog, altre spiegazioni, di altre persone ce ne saranno, forse, ma non saranno esatte.

J.L.